Questa settimana inizia una rassegna di incontri dedicati all'antropologia del nostro territorio, analizzando e raccontando aspetti curiosi che lo caratterizzano. Walter Venchiarutti, figura di riferimento del Gruppo Antropologico Cremasco, autore dei testi e curatore della collana "Quaderni Antropologici", sarà il relatore.
Nel primo incontro “UNA BICICLETTA PER AMICO” del 27.2 c.m. viene esaminato
Il feeling particolare che ha concorso ad instaurare un solido legame tra gli antropologi (Marc Augè, Massimo Pirovano e Gian Carlo Ceruti) e la bicicletta. L’attenzione speciale che questi studiosi hanno riservato al velocipede. Infatti nei loro scritti affrontano le possibilità di spostamento offerte dalla mitica, epica e utopica bicicletta fin dai primi anni dell’adolescenza. Affiora il ricordo di momenti speciali che hanno facilitato la liberazione della mente e l’apertura verso nuovi orizzonti.
Il coraggio e la primitiva temerarietà contraddistinguevano le vecchie glorie sportive.
Sono ricordati i tanti campioni dello sport ciclistico cremasco.
Se le nuove stagioni hanno visto l’apparizione del doping, di anfetamine e di droghe, basta però l’immagine di una volata solitaria sulle montagne, condotta da una fragile figura, braccata dalle telecamere a far rinascere il ricordo di una epopea leggendaria.
La bici è stata, per tutta la prima metà del secolo scorso, un aiuto insostituibile. Grazie agli adattamenti compiuti dai venditori ambulanti ha permesso l’ampliamento del giro degli affari.
In alcuni casi con le opportune modificazioni è stata adeguata alle singole esigenze (da arrotini, ombrellai, pompieri, lattai, spazzacamini, pompieri ecc. ) ed è diventata un indispensabile strumento per il lavoro.
Ma ancora oggi è mezzo utilizzato dei moderni driver che sfrecciano, incuranti dell’intenso traffico, intenti ad effettuare a domicilio le consegne dei prodotti destinati ad una utenza un po’ impigrita o troppo indaffarata.
Il secondo incontro programmato per il 20.3 c.m. ha per oggetto la lettura simbolica del duomo di Crema. Attraverso “I SIMBOLI DELLA CATTEDRALE DI CREMA” viene fornito un approccio di interpretazione insolito a tematiche non solo architettoniche, storiche e iconografiche. Vengono prese in considerazione l’importanza dell’insegnamento cristiano, la tradizione alchemico-ermetica e compare il messaggio ecumenico derivato dai maestri campionesi.
Le testimonianze riportate spaziano dall’Ortodossia orientale agli incontri e scontri con l’Islam maturati dai Cremaschi durante il periodo delle crociate e successivamente, con l’arrivo del dominio veneto, la partecipazione alle battaglie ottomane.
Le chiavi di un lontano passato aprono alla conoscenza della composita identità locale.
Si cela nelle tracce lasciate dal linguaggio universale delle pietre e permane intatto un messaggio secolare ancora in attesa d’essere svelato.
Il terzo incontro “DRAGHI E DRAGONIDI, MITI, FIABE E REALTÀ DI INQUIETANTI PRESENZE” prende spunto dall’omonimo libro per ribadire che l’elaborazione fantastica al fine di poter essere seriamente capita e valutata non può venire superficialmente definita un presupposto fuorviante, una visione irrazionale oppure qualificata alla stregua di un tentativo puerile, ingannatore e inconcludente della dimensione umana. Al contrario rappresenta un potente mezzo che, quando correttamente attivato, offre la capacità di raggiungere mete impensate poiché è mimesi di fatti storici e archeologici realmente accaduti.
Dal principio dei tempi l’immagine inquietante del drago, in ogni epoca e in tutte le civiltà, ha seguito la vita dell’uomo. Anche nel Cremasco compare la figura di un drago: il Tarantasio.
Nelle leggende locali il potente sauro è stato avversario temibile, abitatore del “lago Gerundo” e flagello degli abitanti dell’Insula Fulcheria. Da sempre ha saputo suscitare contrastanti emozioni, calamitare la curiosità e destare seduzione, ma anche procurare sconcerto e orrore.
La ricerca prende spunto da remote origini per indagare gli aiuti odierni che possono ancora derivare dalla conoscenza tradizionale, trasmessa attraverso le eroiche saghe, i racconti delle fiabe e i miti della religiosità popolare.
Sogni e leggende, grazie alla scienza, sono diventati mimesi di catastrofi naturali (esondazioni, annegamenti, epidemie). Il drago ha così incarnato l’ideale mitico di avversità. Gli ordini monastici (benedettini e cistercensi), negli archetipi dei santi sauroctoni (S. Giorgio e S. Cristoforo), sono diventati metafora delle bonifiche medioevali che hanno saputo domare il territorio.
L’atttualità di questo mostro antico deriva dal fatto che draghi interni (prepotenza, invidia, vanità ecc.) albergano ancora oggi nell’animo dell’uomo moderno.
Contemporaneamente dobbiamo quotidianamente fare anche i conti con dragi esterni (guerre, cataclismi naturali, economici, epidemie). Un aiuto può derivare dalla conoscenza del drago, attraverso i tentativi, gli sbagli e le accortezze che ci hanno trasmesso i notri progenitori.