Ebbe successivi ampliamenti, l'ultimo dei quali risale al 1835 con l'aggiunta di una campata e la costruzione di una facciata dalle nitide linee neoclassiche. La fronte è scomparta in cinque zone verticali delimitate da snelle lesene con capitelli dorici e dalle due colonne laterali. Sulla robusta trabeazione è impostato un timpano spezzato alla base; i lati spioventi sono sormontati da due muretti, ingentiliti da aerei acroteri, e il vertice è sormontato da una bella croce in ferro battuto. Nel timpano è stata ricavata una nicchia entro la quale stava il simulacro di S.Bernardo, il titolare della chiesa. Rovinata dal terremoto del 15 maggio 1951, la statua, la quale raffigurava l'abate di Chiaravalle, che teneva alla catena il demonio tentatore sotto le sembianze di un cagnaccio cornuto, fu sostituita da un'altra scarsamente espressiva.
L'interno della chiesa, a navata unica, riceve luce dai tre finestroni (due del coro e uno della facciata) e da sei finestrelle de cui vetrate (1975) sono opera della ditta d'arte sacra Ginelli di Crema….Sulla parete dell'abside, nella parte alta, sono pittorescamente descritti i tre protettori delle chiese. S.Giuseppe, attorniato da gigli e con in mano un rametto fiorito, per la chiesa universale, S.Pantaleone per la chiesa diocesana, e sono del Martini. Il primo non si discosta dunque dalle raffigurazioni tradizionali, il secondo imita fortemente la nota incisione del Conti "S.Pantaleone in atto di proteggere la città" e anche qui figura l'arco del Torrazzo com'è stato costruito ben centosessantaquattro anni dopo che il santo ottenne da Dio la cessazione della pestilenza del 1361, allorché (si dice) apparve su Crema in atto di proteggere la città. Il patrono della parrocchia (olio su tela) regge una gran croce sull'asta della quale furono letti due nomi e due date: Zenale e Capogrossi, 1553 - 1557. Non è improbabile che il quadro sia dello Zenale, morto nel 1526, una ventina d'anni dopo la costruzione della chiesa cinquecentesca, e restaurato (?) dal Capogrossi in uno degli anni segnati. S.Bernardo ha ai suoi piedi sei mitre (tante quante sono gli episcopati da lui rifiutati per modestia) due pastorali, un gran libro, una corona. Sembrano preziosi i due dipinti ovali ai lati alti del quadro: un Crocifisso e una madonna di squisita fattura, dai colori gentili, dalle espressioni intense.
Nel piano inferiore, sono notevoli due tele che effigiano i due santi sempre associati nelle invocazioni contro la peste: Sebastiano e Rocco. Il Lucchi li ha attribuiti al Pombioli, (secondo altre versioni il Barbelli n.d.r.) e in fatti i due quadri hanno tutte le caratteristiche sia dell'età a cavallo tra cinque e seicento, sia dell'arte del Conciabracci. Il Martire, legato all'albero del supplizio, ha un bel viso, membra proporzionate, un incarnato luminoso; il Pellegrino di Montpelier è avvolto in ampi e scuri panneggi con a fianco il classico cagnolino. Entrambi i dipinti lasciano intravedere paesaggi.
Continuando la rassegna dei quadri, notiamo …una "Visitazione ad Elisabetta" all'altare della Madonna, e un Sant'Antonio da Padova sulla sinistra della cappella del Sacro Cuore. Il grande quadro, inserito in una cornice a nicchia, è opera dello scenografo Luigi Manini, che decorò la chiesa nei primi degli anni settanta dell'Ottocento, ed è probabile che il quadro sia degli stessi anni. Di contro, un pezzo prezioso: la tela di Giovan Battista Lucini, databile agli anni immediatamente precedenti il 1675, che rappresenta una Madonna con Bambino o Madonna del Carmine. Come si evince dalle scritte sul telaio, l'opera fu commissionata da un certo Benzoni Diamo infine uno sguardo anche ai quadri che dan forma rispettivamente a una Madonna con S. Gaetano, all'altare di S.Bernardo, e alla Decollazione del Battista, nella cappella di S.Mauro.
Nelle ultime due cappelle, ci sono altri quattro quadri: in quella del battistero la tela nitida, luminosa, ottimamente restaurata, del Battesimo di Gesù e di contro, il dipinto di Cesare Secchi di Milano, eseguito per conto della famiglia Crotti, donato alla chiesa e benedetto il 7 Maggio 1933. La santa di Lisieux, che vi è raffigurata, occupa la parte centrale del quadro e lascia cadere una pioggia di petali di rose su una casa di Zappello; il paese è ben individuabile dal ritratto della chiesa. Alla cappella del Crocifisso, il quadro, che riproduce le fattezze di Piergiorgio Frassati, donato su richiesta del parroco don Carlo Valdameri, dalla sorella del Beato, all'appena sorta Associazione locale della Gioventù maschile di Azione Cattolica, che s'intitola al nome dell'allora (1937) servo di Dio. Merita molta attenzione il quadro di San Francesco d'Assisi del Cignoli. Il dipinto, per i suoi caratteri di pittura levigata, per l'atteggiamento formale del santo, per il colorismo freddo e dai toni chiari, pare sia proprio da attribuire al pittore veronese.
Il pittore Sigismondo Martini, nel 1923, affrescò la chiesa con ornati e decorazioni, girali, encarpi, con dieci tondi di figure di santi dei quali ne restano nove; quello di Santa Cecilia, sopra l'organo, fu sostituito con la raffigurazione di strumenti musicali; la Trinità sotto la volta del coro, l'Eucarestia sul sottarco dell'altare maggiore, i profeti dipinti sotto gli archi delle cappelle, le figure dell'Angelo custode e di S. Teresa d'Avila nella controfacciata, l'apparizione di Gesù a S.Margherita sull'arco trionfale e con i quattro medaglioni sotto il soffitto della chiesa.
Martini era un decoratore-pittore e architetto; di qui le linee morbide, le tinte pastello, i bei squarci architettonici inseriti negli affreschi dei quattro medaglioni della volta; tutti affollati di persone: tanti crociati e tante donne, nel dipinto "S.Bernardo predica la II Crociata, con stendardi su cui spicca il motto "Dio lo vuole"; tanti ammalati davanti alla grotta delle apparizioni di Lourdes; tanti monaci stretti attorno a S. Benedetto, mentre Mauro cammina sulle acque in soccorso del confratello Placido; Tanti fanciulli e angioletti nell'ellissoide della beata Stefania che, nella notte di Natale, dà frutti freschi ai ragazzini.
I quattordici quadri della Via Crucis, scolpiti in legno, sono del 1959 e provengono dalle botteghe artigiane della Val Gardena.
A fianco della chiesa, il campanile costruito in vari tempi. Nel 1938, in occasione di alcuni restauri, si rinvenne, quasi alla base del campanile, sulla parete esterna sud, una mattonella in cotto con la scritta: "1505 addì 22 Settembre".
La torre culmina con una ghirlanda di laterizio dalla quale si diparte la cuspide conica sormontata dalla croce. Nella cella campanaria sono collocate cinque campane, che hanno un concerto fuori nota (uno dei pochi, dice l'esperto Allanconi, esistenti nella diocesi); è intonato tra il La bemolle e il Sol, e risulta dalla fusione delle campane rimaste dopo la requisizione del 1942 (due delle quali fuse nel 1740 dai Crespi) più altro bronzo per la quarta e la quinta campana o campanone. La fusione, da parte della Ditta D'Adda di Crema, avvenne nel 1947.
Altro edificio religioso, assai più caratteristico in passato di quanto lo sia ora, è la cappella della Madonna del Popolo più volte rimaneggiata.
Umile ( nella sua struttura) e grande ( nel suo significato) come la donna "Piena di Grazia" cui è dedicata, l'agreste cappelletti votiva fu costruita in ricordo dei 54 zappellesi deceduti nel giro di tre mesi ( un quarto della popolazione del paese di allora) causa della pestilenza del 1630, la famosa peste descritta dal Manzoni. Ora l'edificio si trova all'inizio delle prime case di Zappello, per chi viene da Crema, ma fino a mezzo secolo fa era tutta circondata da campi , a circa mezzo chilometro dalla chiesa parrocchiale.
L'edicola religiosa si compone di una cella semipoligonale con davanti un portichetto. Vi è raffigurata la Madonna che tiene sulle ginocchia il Bambino, e circondata da figure di santi e sormontata da cinque bellissimi angeli musicanti. L'attribuzione degli affreschi è stata una questione dibattuta: Quadri e Lucchi ritennero i dipinti di scuola barbelliniana, mentre studi più recenti di Alpini e di Carubelli li attribuiscono, con convincenti argomentazioni, al Pombioli. Poiché questo artista chiuse la sua attività nel 1636, si deve dedurre che la cappella fu edificata negli anni 1631° 1632 e fu dipinta da Tommaso Pombioli nei suoi ultimi anni di vita.
Dai tempi della costruzione e fino ad oggi, la " Madonna del Popolo" è stata una meta devozionale per i singoli e per l'intera comunità, punto di riferimento per le manifestazioni religiose della parrocchia. Sorgeva su area privata donata dalla parrocchia, poi incamerata nel demanio (a seguito dell'applicazione delle leggi Rattazzi) e successivamente passata ancora ai privati, quando fu riscattata dal compianto avvocato Guido Crivelli. In questi anni si è imposta pertanto la soluzione del problema riguardante la proprietà dell'area e della costruzione che vi sorge un problema che è stato tanto a cuore ai parroci don Valdameri e don Casirani e, in particolare all'attuale parroco don Franco Crotti. Ancora una volta attento e capace interprete della volontà della popolazione, don Franco ha intrapreso le pratiche affinché la cappelletta tornasse di proprietà della parrocchia trovando comprensione e generosità nel magistrato Carlo Crivelli, presidente di Sezione del tribunale di Milano, ma cremasco di origine e proprietario dell'immobile. E così, il 4 marzo scorso, con atto notarile si è proceduto alla stipulazione dell'atto di donazione. Nonostante gli interventi conservativi attuali negli anni passati sia dai parroci che dall'avvocato Crivelli, il quale ha apportato varie modifiche nell'intento di abbellire la religiosa edicola e preservarla da un ulteriore degrado e da inopportune incursioni, la cappelletta mostrava evidenti segni di rovina, facendo subito maturare l'esigenza di un radicale intervento di conservazione e di ripristino. Dal luglio di quest'anno si è dato quindi corso ai lavori di completo rifacimento del tetto con vecchi tabelloni, al risanamento e alla costruzione di un marciapiede tutto intorno all'immobile, alla nuova intonacatura e ad una appropriata tinteggiatura. Si è provveduto alla rimozione delle sovrastrutture così da riportare la cappella al suo aspetto originario. L'opera di maggiore impegno è stata quella del ripristino degli affreschi, ma il maestro restauratore Marcello Bonomi, coadiuvato dal figlio Paolo, ha eseguito un lavoro delicato e squisito nel pieno rispetto dei disegni e dei colori iniziali.