Dei significati della voce sapèl, (canale di scolo, passaggio, argine) pare preferibile la seconda. La località una volta era molto fangosa, con acque poco regolate: vi erano zone di terreno basso e acquitrinoso, mentre più a mezzogiorno il livello si rialza e si porta all'asciutto.
Il passaggio da Crema a Credera non era dunque molto agevole, e bisognava transitare lungo la linea segnata nella quale sorse il paese del Sapèl, del passaggio o argine. ( Si noti che il dialetto mette l'articolo: altro buon indizio che il nome proprio derivi da un nome comune).
Le sue origini si confondono col borgo di Porta Ripalta, che comprendeva, come si è già detto, Ripalta Nuova, S.Michele, Zappello e tutti i cascinali sparsi per la campagna all'intorno.
La Storia Religiosa
Zappello fu, anticamente, tributario di Palazzo Pignano. Da una sentenza o decisione presa il 9 maggio 1707 dal Capitolo della Cattedrale, si rileva che i Comuni e i proprietari di Zappello, di S.Michele e delle Quade erano tenuti a pagare all'Arcidiacono la decima di sei lire venete ogni anno.
Ecclesiasticamente Zappello fu sempre alle dipendenze di S.Giacomo fino al sec. XVI. La cura spirituale doveva essere ridotta al minimo indispensabile, data la notevole distanza dalla parrocchia, e non poté prendere un ritmo normale e continuo che con la residenza ordinaria di un sacerdote e con la costruzione della propria chiesa.
Sorse questa per volontà e per concorde cooperazione del popolo nell'anno 1506 (la data si legge anche incisa in una tavoletta di terracotta murata nel campanile). Dall'accenno che ne fanno gli Atti della Visita Lombardi, sembrerebbe che questa sia la prima ed unica, ma e difficile crederlo, perché vi sono circostanze (non ultima la tradizione del miracolo della B.Stefania Quinzani) che suppongono necessariamente la preesistenza almeno di un oratorio pubblico ufficiato nel villaggio.
Siamo indotti a ritenere che questo oratorio antico, non avendo beneficio annesso né sacerdote con fissa dimora, quantunque sotto la giurisdizione di S.Giacomo, fosse per lungo tempo ufficiato da qualche religioso Cistercense che veniva da Credera: altrimenti come potremmo spiegarci il culto di S.Bernardo e di S.Mauro così evidentemente monastici? E noti siche la Chiesa di Zappello è l'unica in diocesi dedicata la fondatore dei Cistercensi.
In ogni modo siano andate le cose, si arriva agli inizi del sec. XVI e si vede la gente del piccolo villaggio compiere lo sforzo di edificarsi una chiesa atta agli uffici di parrocchia. Era un'affermazione d'autonomia e un segno molto manifesto dell'aspirazione del popolo a reggersi in parrocchia: aspirazione che divenne presto un bisogno urgente dopo l'applicazione delle leggi del coprifuoco e della chiusura delle porte, emanate dalla Serenissima (essendo la Chiesa di S.Giacomo entro le mura cittadine n.d.r.).
Il popolo di Zappello, nel 1555, avanzando pressanti richieste al Vicario cremasco del vescovo di Piacenza, affinché provvedesse la loro chiesa di un sacerdote con residenza stabile, faceva un quadro deplorevole dell'abbandono in cui, per incuria di uomini e per avverse circostanze, esso era lasciato. La distanza impediva l'accesso alla parrocchia in città: di sera, le porte erano chiuse e non era più possibile accedervi neanche per casi d'urgenza; le strade per lunga stagione restavano impraticabili; battesimi e funerali imponevano grandi disagi; gli ammalati e i moribondi non avevano assistenza. Conclusione: affievolimento della vita cristiana, bambini senza battesimo, morti senza sacramenti.
La dolorosa situazione impressionò l'autorità ecclesiastica, che nonostante le difficoltà e le opposizioni, volle troncato ogni indugio, e assegnò immediatamente alla Chiesa di Zappello un sacerdote residente, con tutte le attribuzioni parrocchiali. Poi, con decreto del 3 ottobre dello stesso anno 1555, smembrava la frazione di Zappello dalla Parrocchia di S.Giacomo, concedendo in un primo tempo a questo prevosto la facoltà di presentare il soggetto per la cura di Zappello, ed imponendo alla nuova parrocchia, in segno di riconoscimento verso la sua matrice, l'omaggio di un cero nella festa di Pasqua.
La Beata Stefania Quinzani.
L'umile villaggio di Zappello, che non può vantare ricordi di storia civile, è legato invece ad uno dei più rari ricordi agiografici che ornano la nostra diocesi. E' un gentile episodio della vita della Beata Stefania Quinzani.
La tradizione dunque che la Beata Stefania, trovandosi a servizio in casa Verdelli, era rimasta a custodire i bambini il mattino di Natale. La funzione, date le condizioni di allora, era certamente una sola: non partecipare voleva dire restar priva della Messa, della Comunione, della dolce visione di Gesù Bambino in quell'alba santa. La giovine Stefania si rivolse a Dio. Ed ecco, mentre la campana annunzia la Natività, ella entra nella camera dei bambini e per farli star buoni intanto che corre alla chiesa, aperto il grembiule che teneva raccolto, offre ai piccoli estasiati bellissimi grappoli d'uva e altri frutti freschi e coloriti, inviati dal Bambino Gesù per gentile prodigio nel cuore dell'inverno.