Villa Bonzi Ripalta Nuova - Casa e Parco

Di fronte alla chiesa di Ripalta Nuova si può ammirare quello che è uno dei palazzi più belli di Ripalta. Il bellissimo cancello in ferro battuto dà accesso al giardino e alla villa Bonzi (Giardì e cà dal Cunt).
I Bonzi
Proponiamo di seguito una piccola nota storica della famiglia Bonzi ricavata da quanto già pubblicato in diversi testi di carattere generale del Cremasco, ma cercando di sintetizzare quelle nozioni che riguardano più da vicino il loro rapporto con il nostro comune ed in particolare i discendenti che hanno dato vita alle due ville in Ripalta Cremasca e cioè: la Villa in Ripalta Nuova e, trattata successivamente, quella in San Michele. Per le origini dei Bonzi utilizzeremo in particolare il testo scritto nel 1859 da F.S. Benvenuti (che cita Racchetti, Salomini, Terni e Zucchi) e un articolo de “La Provincia” del 1958:
Bonzi. — Di loro il Racchetti narra: « Famiglia di barcajuoli antichissima in tal mestiere. Il primo nominato nella genealogia si è un Ercole, il quale viveva al cominciare del secolo decimosettimo: ma fino dal 1462 certo Facchino Bonzi, barcajuolo, aveva una barca grande, o come è chiamata una nave, con la quale faceva il viaggio di Venezia partendo forse da Montodine o poco sotto, dove il Serio sbocca nell'Adda, e in questa condusse l'anno medesimo gli oratori mandati colà per congratularsi col nuovo principe Cristoforo Moro. Poi allorchè erano in Crema i Francesi, un Bernardino , che il Terni chiama Bongi e il Fino Bonzi, conducendo con la sua barca un carico d'armi od altro che ad armi appartiene, fu preso e messo alla corda , su cui confessò che le trasportava a Venezia, accusando quali suoi complici parecchi geutiluomini cremaschi. Gl'imputati si scolparono in suo confronto, egli venne squartato, e i suoi compagni ch'avea nella barca condannati alle forche, della qual pena alcuni si liberarono con denari Ciò avvenne nel 1509, sicchè Ercole il capo -stipite nella genealogia potea forse essere suo nipote: e forse che tale condanna ascritta a merito dei discendenti procacciò ad Ercole il feudo del fiume Serio di cui fu investito l'anno 16I0. Ma i suoi successori non poterono mai tranquillamente goderne sino all'anno 1694, nel quale vennero di nuovo dalla Signoria confermati, investendone Bernardino co' suoi fratelli e aggiungendovi il titolo di conte.»
Quanto ci narra il Racchetti, confermano la storia di Crema ed alcuni documenti che sono presso la famiglia Bonzi. Leggemmo in questi che nel 1450 Facchino Bonzi, cittadino cremasco, essendosi adoperato perchè la città nostra cadesse sotto il dominio dei Veneziani, la repubblica, a rimeritarlo dei prestati servigi, gli concedette per cinque anni un diritto usufruttuario sulla pesca del Serio , nel qual diritto Facchino, decorsi i cinque anni, venne confermato. E nel 1511, lo stesso diritto di pesca venne dalla repubblica riconfermato alla famiglia Bonzi pei meriti di Bernardino « il quale non degenerando (dice la Ducale) dalle ottime operazioni degli antiqui della famiglia sua che merita dalla signoria nostra lunga dimostrazione di gratitudine, persistendo in un'ardentissima disposizione, non ha dubitato a benefizio dello Stato nostro esponere e periclitare la vita sua, sicchè da' nemici nostri è stato crudelissimamente squartato. » Ed ancora nel 1610 la repubblica veneta rinnovava la concessione dei diritti giurisdizionali sul fiume Serio alla casa Bonzi, investendone Ercole Bonzi. Ciò nondimeno i Bonzi venivano dal Comune pertinacemente molestati nel godimento degli acquisiti privilegi, ond'essi nel 1694 domandarono d'esserne formalmente investiti per ragion feudale, offrendo di pagare ottocento ducati acciocchè insieme all'investitura feudale siconcedesse loro il titolo di conti. Quanto desideravano conseguirono, e furono creati Conti del Serio.
È nei patti dell'investitura che tutti i discendenti maschi legittimi godranno in perpetuo il diritto di pesca nel Serio con tutte le prerogative del feudo, e che, estinta la linea mascolina, devolvere si debba nel pubblico la ragion feudale. Il diritto di pesca estendesi su tutta quella parte del fiume che scorre sul territorio cremasco, non che sul poco oro e sulle morte lasciate e fatte per esso fiume.
Durante il dominio dei Veneziani non bastava possedere il titolo di conte perchè il municipio cremasco considerasse una famiglia tra le nobili: bisognava essere aggregati al Consilio generale della città, e quest'aggregazione ottenne Ercole Bonzi nel secolo scorso, facilitandosene la via collo sposare una Vimercati.
La pesca nel Serio feudo dei conti Bonzi
Questa famiglia ha derivato anticamente il privilegio da Mozzanica a Boccaserio e lo conserva tuttora
Crema, 10. - Sulle sponde del Serio, nei luoghi più frequentati, si trovano dei cippi di granito che recano incisa questa scritta: "Fiume Serio - Diritto esclusivo di pesca, pesci e oro del conte Giuseppe Bonzi di Crema - Dal ponte di Mozzanica allo sbocco dell'Adda". È la famiglia Bonzi che ha fatto collocare questi cippi lungo le rive del Serio a pubblica affermazione dei propri diritti in base ai privilegi anticamente derivati e che essendo anch'oggi in possesso di questa esclusività, di tratto in tratto fa ripristinare le parole incise nel granito. Il diritto di pesca fu esercitato nel corso dei secoli non tanto direttamente quanto per mezzo di affittuari. I pesci d'acqua dolce più comuni erano, come lo sono ancora, le tinche, i balbi, i persici, le carpe, i carassi per non dire della minuteria come le lasche, i triotti, i pighi, le lamprede e quei curiosi pesciolini che vivono nelle ghiaiette "sfregagerra"; più pregiati i lucci e le anguille, oggetto di particolare stima le trote.
Le mutate condizioni del fiume non possono offrire oggi un'idea esatta del profitto che se ne poteva trarre anche se le acque, nel passato più abbondanti tranquille, erano assai più pescose e Bernardino Bonzi nel 1545 diceva apertamente che la giurisdizione sul Serio era più di aggravio che di guadagno. L'aggravio veniva dall'onerosa vigilanza, dalle continue infrazioni e dei continui abusi che si verificavano. I Bonzi (come narra il conte Enzo Bonzi della pubblicazione "I Conti del Serio") furono per secoli continuamente provocati e tormentati nel loro feudo, ma per secoli difesero e rivendicarono i loro diritti contro privati contro i Comuni assai poco riguardosi di questo privilegio feudale. Durante il dominio della Repubblica Veneta è una intermittente di "ducali", di proclami, di sentenze e l'archivio di Casa Bonzi contiene grossi fascicoli che concernono cause, contestazioni e i riti di ogni genere, sempre riguardanti la pesca nel Serio e sempre concluse con il riconoscimento del diritto esclusivo feudale, la cui data di concessione non è peraltro precisata dalla citata pubblicazione.
Nel 1634, il 16 settembre, 11 uomini di Ripalta Vecchia furono condannati a sborsare in solido lire 100 per avere tentato di pescare a viva forza nella zona detta Villa di Rivolta Vecchia, furono condannati inoltre versare L. 30 al titolo di riparazione dei danni, più alle spese del processo. Gli abitanti di Mozzanica nel 1679 sporgono querela contro il conte Sforza Griffoni di Sant'Angelo e contro gli abitanti di Gabbiano che gli impediscono di pescare nel "mortone" del Serio fra Gabbiano e Mozzanica, ed ottengono soddisfazione "perché essendo stata anticamente concesso a pescagione nel fiume serio e nelle sue morte alla Casa dei Bonzi cremaschi, come in Ducali 1435, non v'ha ad alcuno ingerirsene". Dal 1717 al 1794 rimane in archivio una collezione di ben 21 proclami stampati in crema e pubblicati "premesso prima il suono di tromba", tutti dello stesso tenore cioè che "nessuno ardisca ne presuma di turbare, né far turbare lì Feudadarii nell'uso della Pesca, così del mio solidale pesce come dell'Oro"... come pure resti strettamente proibito il getto delle pastelle ai pessi... et ciò in pena di Ducati 500". Le "pastelle" erano a base di veleno, precedente, nei secoli, della pesca con le bombe e con il cloro. Il Podestà e Capitano di Crema Marin Minio nel 1774 emana un proclama nel quale fra l'altro è detto: "... né vi sia alcuno che osi farsi lecito né con barche né in qualunque altra maniera a impedire, distrarre, molestare, né in alcun modo pregiudicare alle ragioni di detta fedelissima famiglia Bonzi nel Serio, né all'uso e di cui, fu investita dalla pesca come dell'oro ecc., in pena di Ducati 500".
Questa strenua difesa del proprio feudo da parte dei conti Bonzi era in realtà una difesa del fiume come pubblico bene, e in questo senso è stata proseguita è mantenuta anche contro l'incomprensione di coloro che avrebbero dovuto comprenderla. Col diminuire delle acque e con le distruzioni della pesca clandestina il patrimonio ittiologico della Serio del Serio è andato scemando e già nel 1891 i Bonzi ricorsero all'immissione di 7000 avannotti di trota, che fu proseguita nel 1903 e nel 1910 con immissione complessiva di 20.000 avannotti e nel 1911 e ripopolamento fu intensissimo per un totale di 65.000 avannotti in due riprese cui se ne aggiunsero altri 25.000, tutti sull'assegnazione del Ministero dell'Agricoltura. La Grande Guerra, che distolse dalla cura ed alla guardia e che familiarizzò l'uso delle bombe e delle sostanze velenose, annullò poco poco i vantaggi tutte le emissioni. Altre cause gravemente dannose alla piscicoltura sono state le sette dighe o palate costruite negli ultimi cinquant'anni che tornano dannose al diritto feudale perché impediscono il pesce di risalire il fiume, dato che non sono adottati accorgimenti prescritti dalle leggi per evitare danno alla piscicoltura oppure favorendo l'agricoltura la quale - è detto nella pubblicazione - "deve avere la preferenza sui pesci". (Dal quotidiano La Provincia di venerdì 11 aprile 1958.) 

I due Rami Bonzi: (Ripalta Nuova)
Ma ritorniamo ora a chi ha permesso o contribuito alla realizzazione delle due ville Bonzi del comune. L’ultimo erede della famiglia, proprietario della villa di Ripalta Nuova fu Antonio secondo l’albero genealogico riportato dal Zucchelli:
Ramo di Antonio:
-Leonardo Giuseppe (+1864), sposa Antonietta Severgnini.
-Francesco (+1909) Sposa Luigia Carioni e fonda la Villa in Ripalta Nuova
-Antonio (+1944) 
Nel dettaglio riportiamo quanto scritto dall’autore e cioè:
Francesco Bonzi (+9.11.1909) era figlio di Leonardo (1826- 1864) e di Valeria Antonietta Severgnini (sposata nel 1848). Aveva dato origine a un secondo ramo di famiglia, mentre dal fratello Giuseppe (1830-1894) discendeva il ramo di San Michele. (cit. Zucchelli)

Lo Zucchelli parlando di Francesco, relativamente ai possedimenti continua dicendo:

A motivo "del molto gravame e del poco guadagno" Francesco cedette anche tutti i suoi diritti sul fiume Serio " al Conte Giuseppe (suo zio, ndr), nella cui famiglia vennero così ad essere concentrati e trasmessi i privilegi, che prima erano distribuiti su tutta la discendenza mascolina." Negli annali cremaschi viene citata la sorella di Francesco, la contessa Valeria che morì nubile il 12.10.1850 all’'età di set tant'anni. "Il suo none è ricordato nel libro d 'oro della beneficenza cittadina, perché con testamento del 20 settembre 1850 lasciò lire austriache trentamila da distribuirsi in parti uguali agli Istituti delle Zitelle, delle Ritirate e dei Mendicanti, e altre cinquemila all'Ospizio dei Poveri, affinché coi frutti di detto capitale si compri ogni anno tanta legna da fuoco che serva per le donne ivi ricoverate. " (Cit. Zucchelli)

Le notizie circa le origini di questo palazzo sono però un po’ confuse. Secondo infatti alcuni emeriti studiosi locali, primo fra tutti il nostro illustre Pietro Savoia, la costruzione viene fatta risalire al Settecento:
Pare che al progetto della costruzione settecentesca della villa vi abbia messo mano il Donati, l'architetto della chiesa; ma l'abitazione ha subito vari rimaneggiamenti; ne farebbe fede - tra l'altro - una data posta in cima allo scalone d'onore: 1888. Nell'ampio salone, oltre il caminetto in marmo, (un altro con gli stemmi è stato trasportato in giardino e usato come panchina) sono da notare le sedie monumentali, i cassettoni antichi e vari dipinti. I pavimenti a tipo mosaico veneziano, le pareti istoriate con figure di animali, la luminosa veranda, meritano di essere attentamente osservati. (Cit. Pietro Savoia)

Studi più recenti (1993/94 nota tecnica Arch. Meanti Luigi) - dopo aver premesso circa le difficoltà della datazione della costruzione, la mancanza di documentazione e di informazioni (o la contraddittorietà di molte di esse) - cercano di ricostruire con rigore oggettivo l’origine del palazzo. 
[…] dall' analisi della Mappa del Comune Censuario di Ripalta Nuova rettificata nel 1842 risulta che il terreno dove ora sorgono la villa, il parco ed i rustici era occupato da abitazione che successivamente sono scomparse. Il mappale 274 che in seguito sarà proprio della villa risulta essere censito come Prato di 5.38 pertiche cremasche e di proprietà di Valenti nobile Bartolomeo e di Piatti nobile Giulia usufruttuaria.
 […] Nell' Archivio di Stato di Cremona il dilemma iniziale è stato fugato: ad una analisi della mappatura catastale riguardante il territorio di Ripalta Nuova risulta che nel 1842 il terreno attualmente occupato dalla villa e dalle pertinenze era occupato da abitazioni che vennero successivamente demolite per far posto alla villa ed al giardino. La conferma di questa differenza ci perviene tramite la consultazione del "Libro delle particelle d'Estimo e dei Possessori” unitamente ai "Registri delle Partite Catastali" mediante i quali siamo riusciti a definire l'esatta proprietà e la consistenza del bene. Proseguendo nell' analisi si scopre che l'attuale villa viene accatastata al Nuovo Catasto Fabbricati nel 1893 e risulta essere intestata al Conte Antonio Bonzi. Sempre tramite l'analisi dei partitari siamo riusciti a ricostruire i vari passaggi di proprietà che proseguono fino agli attuali proprietari. Tutto ciò comunque non ci ha permesso di conoscere l'esatta data di costruzione ed il relativo estensore del progetto. Particolarmente prezioso quanto fortuito si è rivelato l’accesso all'Archivio dell’Ufficio di Registro di Crema: accedendo a questo fondo siamo riusciti a visionare l’Atto di Successione della Contessa Luisa Carioni in Bonzi, madre del Conte Antonio, colei che per prima volle la costruzione della villa e del giardino.
[…] L'ulteriore prova la si ottiene, sempre dal "Libro delle Partite d'Estimo" in quanto il mappale 274 il 12 Maggio 1887 viene voltato a favore di Bonzi conte Antonio, Elena, Laura, Valeria ed Antonietta ossia i figli della Contessa Luisa Bonzi Carioni. Dunque sappiamo che nel 1887 la villa non esisteva ancora; la data del 1888 che si legge chiaramente in cima allo scalone d'onore potrebbe far pensare proprio all' anno d'inizio di costruzione; del resto l’accatastamento al Nuovo Catasto Fabbricati avviene solo nel 1893 ed il bene censito alla Partita 473 Bonzi conte Antonio fu Francesco risulta descritto come Casa Civile con Giardino avente 4 piani, 25 vani in Via Umberto I nel territorio di Ripalta Nuova. Un'ulteriore prova della mancata esistenza dalla villa ma della dichiarata volontà della defunta ci viene dal "Necrologio in onore della Contessa Luisa Bonzi Carioni" nel quale si legge che "...fatta assai più ricca, non pensò che ad edificarsi una villa, la quale e dal lato dell'igiene e dall' ampiezza meglio rispondesse alle esigenze sociali, ai bisogni cresciuti. Poveretta! Non ne vide che il disegno!"

Quanto detto sopra è confermato anche dal Zucchelli (Ville del Cremasco)
[…] Il catasto veneto del 1685 non registra infatti nessuna loro proprietà. Quello del 1815 non segnala se non due piccoli appezzamenti di terreno a sud del paese, intestati a Bonzi Orazio di fu Giuseppe, che anticamente erano in riva al fiume il quale, in seguito, aveva cambiato corso.
[…] Sempre dal catasto del 1815, nella zona antistante la chiesa parrocchiale, troviamo vaste proprietà: a nord una casa con corte d'affitto, orti e prati del sacerdote Giuseppe Terni Paletti; a sud, una casa di villeggiatura con corte, relativa casa da massaro, orti e pascoli dei conti Valenti che avevano notevoli possedimenti in Ripalta, fin dal secolo XVII, come attesta il catasto veneto. Il sito esatto dove sorgerà la villa Bonzi è ancora, nella mappa del 1848, un prato irrigato con viti e moroni, sempre dei Valenti proprietari pure della riva, di un bosco misto e di un prato aratorio posti ad est, verso il fiume. 
 […] Il catasto registra in data 25.7.1885 il passaggio della suddetta proprietà, intestata alla nobile Ancilla Valenti (compresi gli spazi dove sorgerà la villa Bonzi) a Filippo Scarpini certamente per compravendita. Passano pochi mesi e quest'ultimo rivende il tutto alla nobile Luigia Carioni, moglie del conte Francesco Bonzi. Alla nobil signora arriva, negli stessi anni, anche la proprietà a nord del sacerdote Giuseppe Terni. Quest'ultimo l'aveva infatti ceduta nel 1852 al sacerdote Angelo Fasoli e al fratello Giuseppe e da quest'ultimi, poco dopo, era passata ai fratelli Paolo, Lodovico e Cristoforo Parati che la cedettero alle sorelle Laura Elena e Agostina, le quali - a loro volta - vendettero il tutto, il 6 novembre 1886, alla Carioni.
 […] La nobildonna era quindi riuscita a realizzare il progetto di unire una vasta proprietà in riva alla sponda destra del Serio, proprio di fronte quella riserva del Marzale che verrà costituita successivamente da Leonardo Bonzi sulla sponda sinistra. Le due rive verranno quindi collegate con una passerella in legno sul fiume di cui i Bonzi avevano, da secoli, il diritto di pesca da Mozzanica allo sbocco nell'Adda. Il progetto della Carioni si completò, nel giro di due anni, con la costruzione nel 1888, da parte del marito Francesco Bonzi, della grande villa che ancora oggi ammiriamo. La data è certa perché la troviamo dipinta in un fregio del vano dello scalone della villa stessa. Non sono quindi attendibili le notizie secondo le quali la villa dovette essere stata disegnata da Giovanni Battista Donati di Lugano, l'architetto che progettò la chiesa parrocchiale nel 1739.
[…] La Carioni ottenne in eredità dallo zio Agostino Vimercati, deceduto celibe il 9.8.1886, anche il palazzo di via Matteotti in città (denominato ancora oggi con il nome di Bonzi). Ma purtroppo la donna morì a 30 anni, il 29 dicembre dello stesso anno, appena dopo aver unito tutte le proprietà. Francesco aveva avuto da lei Antonio, Elena, Laura, Valeria, Luisa. Ai figli vennero intestate le proprietà di Ripalta, mentre Francesco ne rimaneva usufruttuario. Sposò in seguito una seconda donna, Ida Piacentini, dalla quale ebbe la figlia Lina. Il catasto registra la villa dei figli di Francesco Bonzi solo nella revisione dei fabbricati del 1890: la definisce una casa civile con giardino di 4 piani e 25 vani. Nel 1903 e nel 1904 è registrata l'uscita dalla proprietà delle sorelle Elena, Laura, Valeria, Luisa, per cui la villa di Ripalta Nuova restò solo al conte Antonio. Due anni dopo arriverà anche la riunione di usufrutto con la morte del padre.
Antonio Bonzi ottenne dalla mamma anche il palazzo di via Matteotti in città e lo tenne per una trentina d'anni che gli bastarono per arricchirlo con I ‘intervento più qualificato di tutta la sua storia: la cappella affrescata da Giuseppe Eugenio Conti (1842-1909).
Il Bonzi acquistò fondi e case anche a Ripalta, impinguando le proprie proprietà. Ben presto, tuttavia, il vizio del gioco lo costrinse ad alienarle in gran parte. Vendette il palazzo di città dopo la prima guerra mondiale (nel 1934 perverrà in proprietà del Seminario vescovile), un opificio di San Michele a Cirillo Bruschi (14.9.1918), tre case di Ripalta rispettivamente a Giovanni Pagliari (il 3.8.1922), ai coniugi Zambelli (18.4.1933) e ad Angelo Citterio (16.4. 1940)." Si tenne tuttavia la villa fino alla morte che avvenne il 20.ll.1944. La lasciò per testamento (del 18.12.1941) per metà al figlio Franco e il resto alle figlie Ida e Lodovica, nonché alla moglie Costanza Gallo.
Morto il conte Antonio, i figli non ebbero interesse a mantenere la proprietà di Ripalta. Conclusa la guerra la vendettero, il 22.11.1945, alla "Castoro" srl con sede a Milano, mentre Bonzi Lodovica fu Antonio manteneva la parte di una casa nelle adiacenze della villa.
La Società "Castoro" si sciolse nei successivi anni Cinquanta e il 26.4.1956, con atto del notaio Gianì di Pandino, la bella casa con la vasta proprietà fondiaria passò a proprietà privata come è ancora oggi. (Cit. Zucchelli)
Il Giardino
Molti dei concittadini, negli anni passati, entravano abitualmente “in Giardino”, o perché i vicini si recavano per attingere l’acqua dal pozzo o anche solo per una visita ai proprietari Pandiani o per curiosare o “prendere il fresco”. Non è stato più così per le ultime generazioni, le quali hanno sempre visto il cancello chiuso. Da quando, infatti, per motivi chiaramente legati alla sicurezza, il cancello è stato automatizzato, non è più possibile gironzolare per i vialetti. Solo nell’ultimo periodo, la disponibilità del nostro concittadino e proprietario Fortunato Pandiani (complice la reciproca fiducia nei confronti degli autori di questo testo) ha permesso di realizzare più manifestazioni culturali nella splendida cornice del parco di villa Bonzi. È stato così possibile accedere al giardino rendendolo nuovamente fruibile ai concittadini e allo stesso tempo valorizzare l’importanza del monumento stesso. Per noi autori, la prima volta che ci è stato concesso di poter oltrepassare il cancello, è stato emozionante, ci siamo sentiti “favoriti” nel poter camminare in un vialetto carico di storia, di poter ripercorrere gli stessi passi percorsi dalla nobiltà cremasca. Entrando, ci si sente piccoli, schiacciati dalla maestosità degli alberi; poter gironzolare accompagnati dai racconti dettagliati del proprietario per scoprire angoli, assaporare il profumo delle essenze arboree, poter entrare nella casa e ammirare affreschi, stemmi è stato un privilegio, un’esperienza molto suggestiva, preziosa e impagabile. Inoltre, per l’occasione della stesura di questo testo, l’odierno proprietario Fortunato Pandiani, ha fatto censire gli alberi presenti. Il censimento, effettuato a marzo 2016 (completo in appendice) riguarda quegli alberi più interessanti, o per età o per particolarità/rarità della specie nel nostro territorio. Era infatti “moda” nell’Ottocento importare piante da altri continenti: spicca fra tutti, in bella mostra guardando attraverso il cancello, “’l Piantù”, un Cedro del Libano la cui età supera i 150 anni. Il monumentale albero, che ha una circonferenza di cinque metri e 70 cm è anche censito nell’inventario regionale. Ma vi sono altre specie molto antiche nel giardino: i 7 Cipressi di Lawson (90/100 anni), i 46 Tassi o Albero della morte (14 di questi superano i 100 anni) il cui seme contenuto nel frutto è mortale. In primavera, accedere al giardino è un’esplosione di colori e profumi: Magnolia, Nocciolo, Camelia, Pesco, il refrigerio dell’ombra, l’atmosfera fiabesca, l’inquietudine della sera… insomma: un patrimonio ripaltese.
All’ingresso un vialetto di fronte ed uno a sinistra, portano alla casa. Il primo sentiero permette di ammirare l’ultracentenario “Cedro del Libano”.
Proseguendo si può scorgere il ponticello sotto cui passava l’acqua di un fossetto (ora, causa la cessione dei diritti dell’acqua da parte del fu Antonio di acqua non ne passa più).
"il ponte dei nani" sotto il quale scorreva una roggia, derivazione di un diritto d'acqua, anch'esso venduto da Antonio Bonzi. A sud e a nord del parco esistono ancora le antiche parti agricole e di servizio della villa (oggi trasformate) (Cit. Zucchelli).
Sul lato destro si incontra la casetta del pozzo. Da questo punto, una siepe accompagna il visitatore fino alla Casa.
Se imbocchiamo il vialetto di sinistra invece, percorriamo un semicerchio che ci porta ad ammirare l’esplosione di verde di tutto il giardino fino ad affiancare il bambù gigante e successivamente gli alberi da frutto. 
Intanto quella che comunemente è detta ancora villa Bonzi, perché abitata per parecchi decenni dalla gentilizia famiglia, ma che in realtà era dei Carioni - Vimercati, è ora dei signori Pandiani ­ Benelli
La villa è inserita nel giardino al quale si accede dalla via principale del paese; notevole è il cancello d'ingresso in ferro battuto recentemente elettrificato. L'impianto del giardino è all'inglese; tale impostazione è confermata, oltre che dall'irregolarità geometrica, anche dalla presenza di un ponticello, di un gazebo, di una voliera e di grotte rocciose sparse casualmente che alimentano il clima suggestivo caratterizzante l'intero complesso. È possibile affermare, con un pizzico di immaginazione, che il tracciatore del giardino è riuscito ad interpretare appieno i desideri inconclusi della Contessa Bonzi, in quanto già la scelta stessa del terreno "...sulla costiera che domina il Serio" è risultata particolarmente favorevole nel creare quell'ambiente naturale-artificiale che potesse "...dar luogo ad un apparente «grato disordine» ed una controllata confusione; così che passando dall'una all'altra scena ci si imbatte come per caso in una veduta particolarmente bella o su un altro piacevole oggetto". Un'altra peculiarità del parco è rappresentata dalla presenza di essenze arboree insolite nel territorio cremasco: accanto a noccioli, pini, magnolie, castagni e ippocastani troviamo infatti cedri libanesi, sofore ed altri alberi importati dall'estero. Era questa un'usanza diffusa alla fine del secolo scorso e che rifletteva appieno il gusto eclettico e decadente del periodo, aperto a nuove esperienze e pronto a recepire nuovi messaggi e nuovi stimoli. Un discorso a parte, infine, nella descrizione del giardino, merita la parte orientale che declina verso il Serio: attualmente essa è occupata da alberi da frutto e da vigne, mentre sul terreno che si estende nella conca, vengono coltivate colture erbacee (Arboree N.d.R). (Cit. Luigi Meanti)

Citiamo di seguito la descrizione della proprietà fatta dallo Zucchelli:
L'attuale proprietà, di circa 50.000 metri quadrati (cinque ettari che equivalgono a circa 15 pertiche), comprende il parco, la villa e buona parte del versante della valle fluviale che però non arriva più al Serio. È chiusa infatti a est da un muro di cinta che si apre con un cancello su una campereccia. Si tratta ancora comunque di un vastissimo spazio, oggi variamente coltivato, lo stesso che anticamente era occupato da un laghetto, alimentato da un ramo morto del fiume (vi si vede ancora il ponte del bocchello) e che faceva da cerniera tra la casa e il fiume e dava al tutto un tocco molto suggestivo (il laghetto è disegnato dalle mappe catastali del 1901). Nei campi più a oriente vicini al fiume, ora di altra proprietà, si vedono ancora i resti di una vecchia muraglia che delimitava l'antico podere dei Bonzi.
Dal basso della valle, si gode una superba visione della villa, con il suo aspetto austero, unico - per certi versi - nel Cremasco, immersa tra alberi secolari, dietro alla quale svetta il delizioso campanile della parrocchiale. (Cit. Zucchelli).
La Casa
Al termine dei vialetti uno spiazzo a ghiaietto circonda la villa. Maestosa e solenne si erge fiera nella sua antichità. 
La villa Bonzi è un edificio imponente a forma cubica con soffitto a quattro spioventi e di taglio neoclassico che si rifà al gusto romano con solenni finestre a timpani alternativamente triangolari e a segmento circolare. Una caratteristica dei palazzi di città, che non abbiamo trovato in nessuna villa del Cremasco, salvo che nei disegni della distrutta villa Torricelle di Santa Maria della Croce. I ferri battuti e gli stucchi interni richiamano invece un gusto eclettico-floreale, tipico del la fine Ottocento e inizio Novecento. (Cit. Zucchelli).

La facciata principale è austera e lineare (è infatti interrotta solamente dalle finestre e dai marcapiani) su cui spicca il portone d’ingresso sovrastato da una tettoia in ferro battuto. invece la facciata posteriore è più movimentata grazie al terrazzino racchiuso da una balaustra interrotta dall’accesso alla balconata stessa con tre gradini. Sulla balaustra, che fanno da cornice ai gradini di accesso, due lampade a lanterna. Dal terrazzino è possibile accedere attraverso tre porte al salone d’onore.
Da qui i Bonzi potevano osservare l'intera valletta del Serio con il laghetto, i giochi d'acqua e il sentiero che portava sino al fiume. (Cit. Zucchelli).
La facciata laterale nord ricalca nella sobrietà la facciata orientale, mentre è la facciata sud la più “movimentata” della casa. Spicca soprattutto il doppio arco coperto, chiuso da una balaustra, che permette l’accesso alla casa. Sopra l’arco un balcone. Dai racconti del proprietario, questo accesso sembra fosse riservato al personale di servizio. Di fatto, appenna oltrepassato l’ingresso, una scala di servizio porta al piano inferiore dove erano situate le cucine. Ancora ben conservato il camino con lo stemma del Conte.

Dalla facciata Sud si può ammirare, di fronte, il patio le cui colonne, alla base portano scolpito lo stemma del casato. Dietro le abitazioni del personale di servizio (poi trasformate in abitazione dei dipendenti dell’Agip). Muovendo poi lo sguardo, a sinistra, la voliera, posta a ridosso della scarpata che porta al Serio e, dietro, il patio.
Lasciando alle spalle la facciata sud e proseguendo verso la voliera si apre la vallata con i terreni di pertinenza. Qui un tempo sorgeva un laghetto con un ponticello. Tutt’intorno un muro di cinta che delimita la proprietà e che anticamente proseguiva fino al fiume dove una passerella collegava la proprietà di Ripalta Nuova con la tenuta di Ripalta Vecchia (che discuteremo in seguito trattando del conte Leonardo di San Michele). Gli occhi si perdono, si intravede ancora il ponticello, il cancello che permette l’accesso dalla lama del Serio e sulla sinistra le cascate e la splendida piscina.


Gli stemmi della villa 
Nella villa, affrescati oppure scolpiti nel legno o nella pietra, fanno bella mostra gli stemmi delle famiglie che hanno partecipato alla “vita” della casa. Non solo quindi lo stemma del Bonzi, famiglia a cui è dedicata la dimora, ma anche lo stemma dei Carioni (la moglie Luigia) e dei Vimercati Sanseverino. Era infatti norma che, conseguentemente al matrimonio, la sposa portasse con sè il proprio “corredo” araldico o addirittura, lo stemma veniva modificato incorporando, in uno dei quarti, il nuovo emblema araldico.
Questi stemmi li ritroviamo in molte parti, sulla cornice delle pareti dell’ingresso, nel salone d’onore o sulla scalinata che porta ai piani nobili, incisi nel legno degli scranni, sulla base delle colonne di sostegno del patio fino alla pietra del camino, dove figure allegoriche o angelici putti sostengono le cornici che racchiudono gli stemmi. Tra i tanti stemmi riconoscibili se ne frappongono altri di cui non si riconosce il casato. Viste le poche conoscenze in materia possiamo solo fare delle supposizioni,